Scritto in apr 2, 2012 in
Croazia,
Slovenia,
Trieste |
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Da Trieste al cuore dell’Istria in treno. L’inaugurazione, il
primo aprile 1902 con il viaggio da Buie a Trieste (a Parenzo si arrivò
solo poi otto mesi più tardi, dal 15 dicembre); ultima corsa il 31
agosto 1935. I numeri spiegano tutto, anche perché la sua vita fu, tutto
sommato, così breve: 123,1 i chilometri di percorso, scartamento
ridotto (760 millimetri), 35 stazioni, dislivello di 291 metri (punto
più basso 2 metri sul livello del mare, punto più alto 293), 604 curve, 9

tunnel, 11 ponti, 6 viadotti, velocità media del treno 25 kmh, velocità
massima 31 kmh, durata del tragitto da Trieste a Parenzo più o meno 7
ore! Sì, avete letto bene, 7 ore. Anche di più. Dal primo orario
ufficiale del 1902: partenza da Trieste la mattina alle 9.50, arrivo a
Buje all’1.15, ripartenza da Buje all’1.35 e arrivo a Parenzo alle 5.10.
Sono 7 ore e 20 minuti. Va un po’ meglio (si fa per dire: 6 ore e 56
minuti) nel 1914: partenza da Trieste alle 5.46, arrivo a Parenzo alle
12.42, anche perché la sosta a Buje è stata ridotta a 15 minuti. Fino al
“record”: 6 ore e 54 minuti, nel 1930. Partenza alle 5, arrivo alle
11.54 (ma c’è il trucco: a Buje siamo ormai scesi ai 10′ di sosta).
Insomma, a uccidere la
Parenzana è stata la… Parenzana. Con quegli orari, impossibile competere, già negli anni ’30, con il trasporto su gomma.
Eppure, quando è nata, la TPC (ovvero la Trieste-Parenzo-Canfanaro)
doveva diventare uno degli assi dello sviluppo delle comunicazioni in
Istria. Poi però il collegamento Parenzo-Canfanaro, e quindi alla linea
tra Pola e il cuore dell’impero, non venne mai realizzato e così la
Parenzana rimase un ramo secondario nella geografia ferroviaria
dell’impero prima e dell’Italia poi. Inevitabile quasi che la linea
venisse prima o poi dismessa, il materiale disperso (e dire che era
stato perfino realizzato un locotender specifico per le caratteristiche
della linea, costruito in tre esemplari nelle officine Krauss e indicato
infatti con la serie “P”: oggi si trova un superstite al museo della
Scienza e

della
Tecnica di Milano), la sede dei binari mangiata dalla natura e dai
paesi. Anche molte stazioni furono distrutte e con esse quasi tutti i
magazzini. Ed è rimasto solo il ricordo, il ricordo di un’impresa che
comunque cambiò la vita di tanti paesini dimenticati da Dio e dagli
uomini, collegandoli l’un l’altro e trasportando i prodotti della terra e
del mare (dall’olio al sale delle saline di Pirano e Sicciole, dal vino
alla pietra carisca) a Trieste e quindi ai mercati importanti.
E negli anni il ricordo si è fatto mito. Così, oggi, la Parenzana vive una nuova vita (
www.parenzana.net).
Piano piano si sta recuperando il vecchio tracciato che è diventato
un’interessante pista ciclabile e pedonale che tra l’altro ha la
singolare caratteristica di attraversare in un percorso così breve tre
stati, 13 km in Italia, 32 in Slovenia e 78 in Croazia tanto che è stato
ribattezzato il Sentiero della salute e dell’amicizia (vedi il
resoconto di viaggio del Pinguino ciclista in:
www.ilpinguinoviaggiatore.it/2011/09/in-bicicletta-lungo-le-tracce-della-parenzana-e-attraverso-listria-minore) ma la memoria di ciò che era resta vivissima.
Anche grazie a due piccoli musei.
Il
museino di Isola si trova proprio nel cuore del
paese (Ulica Alme Vivode 3 – Via Alma Vivoda 3), o forse si dovrebbe
dire si “trovava”. Già, perché
Josip Mihelič, il suo
curatore e gestore, dal 29 febbraio 2012 ha deciso di andare… in
pensione. La passione è però tanta e quindi se avete la fortuna che
risponda al telefono quando
lo fate cercare dall’ufficio del turismo (
www.izola.eu, Ljubljanska Ulica 17 – Via Lubiana 17) lui sarà lì ad aprirvi la porta. Diciamolo

subito: per l’euro e 80 che vi chiederà non aspettatevi chissà cosa. In
queste poche stanzette troverete un uomo che ha una passione smisurata
per treni e trenini ma quanto viene esposto è quanto meno un po’
confuso. Josip – che ha lavorato una vita alla Mehano, azienda di Isola
che costruisce proprio modelli di treni: adesso in paese ci sono solo
più gli uffici, la produzione è delocalizzata in Cina… – ha esposto
nelle vetrinette un bel po’ di modelli (la maggior parte in scala N),
attraverso i quali ripercorrere la storia del trasporto ferroviario, il
che ha il suo fascino. Il tutto però secondo le sue logiche personali.
Quindi, lo spazio dedicato alla Parenzana. In una stanza pochi decimetri
di
binario originari (strappati chissà dove!) e soprattutto una grande
mappa con le luci che indicano percorso, stazioni, ponti, tunnel, etc etc. In un altro locale, il più grande del museino, un
plastico rappresenta un breve tratto di Parenzana, ma soprattutto, alle pareti, vi sono numerose riproduzioni di
foto storiche a
evocare i momenti salienti della vita di questa linea ferroviaria (con
le didascalie scritte in italiano): tra questi, anche gli
incidenti,
ad esempio i deragliamenti del 1917 tra Tribano e Grisignana e del ’34
vicino a Castagna, o il rovesciamento causato dalla bora il 31 marzo
1910 alle porte di Muggia. E poi, spazio alla linea di
filobus
(la prima in tutto l’Impero austroungarico, inaugurata il 20 luglio
1912) che collegava la stazione di Santa Lucia a Pirano per per
permettere anche alla

cittadina
costiera di godere dei servizi della Parenzana: il servizio rimase
attivo ben oltre la chiusura della ferrovia, fino all’agosto 1953,
quando i tram – non ancora sufficientemente vecchi per andare in
pensione – furono trasferiti a Sarajevo dove continuarono a circolare
fino al 1958. Immagini sfuocate e talvolta incerte in bianco e nero
capaci però di restituire il sapore (perfino commovente) di un’epoca
andata.
Certo, oggi che il signor Josip ha deciso di ritirarsi e che la
Parenzana vive una nuova primavera di interesse turistico, il Comune o
l’Azienda del turismo dovrebbero farsi carico del museo – magari con la
consulenza del suo attuale curatore, un vero personaggio: ogni sua
parola, ed è un vero fiume in piena anche se nel suo italiano un po’
sgangherato, trasuda amore verso tutto ciò che è ferrovie – per
ammodernarlo e rilanciarlo.
A poche centinaia di metri, poi, la vecchia
stazione ferroviaria di Isola.
Oggi l’edificio ospita qualche famiglia, uno studio medico e
un’associazione sportiva mentre lì davanti, dove un tempo c’erano i
binari, oggi c’è un piccolo parco giochi. All’epoca invece vi abitava il
solo capostazione e ospitava una sala d’attesa e la biglietteria: era
considerata di seconda categoria e aveva un magazzino con materiale per
la manutenzione della linea.
A
Levade (Livade in croato), nel fondo valle proprio
a metà strada tra quei due gioiellini che sono Portole e, soprattutto,
Montona in quella zona che è la patria del famoso tartufo istriano, ecco
il
secondo museo dedicato alla 
Parenzana. Anche questo, diciamolo subito, un museino. Per la visita bisogna
telefonare con congruo anticipo alla ragazza che lo cura (telefono +385989097734 oppure +38552644150) oppure, se capitate di lì all’improvviso,
potete rivolgervi alla vicina trattoria Dorjana (aperta
dalle 11 alle 22, chiuso il mercoledì) che ha le chiavi in custodia. Il
fatto è che i pannelli esplicativi esposti sono scritti in croato e
quindi senza la presenza della ragazza (che invece parla italiano) si
capisce davvero poco, a meno che non si conosca già la storia di questa
linea ferrata. Quindi, anche in questo caso
foto e riproduzioni di foto storiche,
ingrandimenti dei biglietti e, pezzo unico e storico, uno dei
cippi della linea, con incise le lettere
T, P e C, Trieste, Parenzo e Canfanaro. Anche qua una grande
carta dell’Istria con le lucine colorate a indicare la tratta, le stazioni, i ponti, eccetera, eccetera.
Poche cose, appunto, per questa ferrovia che vive tuttora nei ricordi di tanti istriani.
di Guido Barella
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